Io sono una lampada ch'arda | soave! | La lampada, forse, che guarda, | pendendo alla fumida trave | la veglia che fila; || e ascolta novelle e ragioni | da bocche | celate nell'ombra, ai cantoni, | da dietro le soffici ròcche | che albeggiano in fila: (Giovanni Pascoli)
sabato 26 maggio 2012
Sogni in attesa.
Non sapevo da dove cominciare. Era così poco il tempo che avevamo passato insieme che, forse, era nuovamente una costruzione del mio cuore malato. Ma decisi di prender coraggio, una sera. Quella sera. "Prima di andar via ti devo parlare" le dissi all'orecchio prima che la cena finisse, e senza che tutti gli altri commensali sentissero. Finita la cena tornammo tutti nel parcheggio dove avevamo le macchine, andarono via tutti ma noi rimanemmo li. Ognuno nella propria macchina come a fingere un imminente partenza. Rimasti soli lei scese. Io guardavo dallo specchietto retrovisore, ma non avevo il coraggio di scendere. "Caro Pierre questa volta stai esagerando! Rischi di metterti di traverso alla sua vita, turbandole la tranquillità! Maledetto! Solo per il tuo desiderio di conquista o perché la ami?" fra me e me risposi "Perché la amo!". Ma quante volte lo avevo detto?. Quante albe avevo visto pensando all'amore vedendolo, però, sparire al tramonto?. Questa volta no. Questa volta era tutto vero. Scesi di macchina e mi avvicinai a lei pensando alle parole. Perché le parole sono importanti, spesso una parola posata male crea i vuoti d'aria in cui verità e finzione si mescolano.
La guardai. Vidi il suo volto bellissimo. Come una luce, meravigliosa. Ogni volta che la vedevo per me si fermava il tempo, penso sia una specie di sindrome di Stendhal. Lo stesso effetto me lo provocano la canzone di Bobo Rondelli Madame Sitrì ed il quadro del Viaggiatore sopra il mare di nebbia di Caspar David Friedrich.
Appena fummo vicini lei mi sorrise. Io quasi persi i sensi, immerso nell'osservare i suoi occhi profondi, neri come gli abissi in cui mi sarei perso amandola. A questi si aggiungevano i suoi capelli, la sua treccia che disegnava le curve del collo, evidenziando il colore delle sue guance. Erano tenere, ed invitavano la mia bocca a sfiorarle con un bacio. Era stupenda. Nei suoi occhi si leggeva la tristezza di tante avventure passate, ma anche la felicità che solo una madre può avere.
Era terribilmente bella. Ero terribilmente perso. Avrei avuto bisogno di un bicchiere di Calvados.
Mi feci coraggio ed iniziai “Vedi Elena, in vita mia sono stato molte volte innamorato, ma raramente ho amato. E' successo solo due volte. Ma in questi anni pensavo di essere diventato gelido. Freddo verso i miei sentimenti. Mi sono innamorato molte volte, ma mai con il cuore, sempre con il desiderio.” Lei mi sorrise, ed io sentivo una fitta forte dentro, sentivo il libeccio che scuoteva la mia anima, rimescolando le emozioni. “Dal primo momento che ti ho vista, non ho smesso un attimo di desiderarti. Quando ti ho conosciuta, ho capito di aver aspettato tanto, ma eccoti. Tu hai una tua vita, un marito, un figlio. Forse non è giusto, ma se non altro è la verità. Ti amo perché ti aspettavo.”.
Lei si avvicinò mi afferrò la mano e con le lacrime che si affacciavano dai suoi occhi verdi mi guardava in silenzio. “Vedi Pierre -disse- provo la solita cosa, sapevo che saresti arrivato un giorno. Saresti comparso e mi avresti ricordato come la cosa più bella della mia vita, mio figlio, è anche il muro che il destino ha eretto tra di noi. Viviamo nelle isole che la vita ci disegna intorno. Ma stasera no. Stasera siamo sulla stessa isola. Vieni con me”.
Salimmo in auto. Mi portò al mare, ad una casa a Marina di Vecchiano. C'era l'edera che si arrampicava sui muri, come ad indicare il cielo stellato. “Passeggiamo un po' sulla spiaggia?” Mi chiese sorridendo. Ci mettemmo a camminare in silenzio. Ad un certo punto ci fermammo a guardare l'oscurità del mare interrotta dalle barche in lontananza. Decisi di rompere il silenzio con dei versi di Kahlil Gibran
Per sempre me ne andrò per questi lidi,
Tra la sabbia e la schiuma del mare.
L’alta marea cancellerà le mie impronte,
E il vento disperderà la schiuma.
Ma il mare e la spiaggia dureranno
In eterno.
Quando finii di recitare questi versi lei si mise a piangere mi abbracciò e guardandomi negli occhi mi disse “Freghiamo il destino stanotte”. Tornammo a casa fermandoci ogni due passi a baciarci come due fidanzatini adolescenti. Appena la porta si chiuse dietro di noi incominciò la nostra notte d'amore. Andammo in camera incominciai a baciare il suo collo sentendo il sapore soave della sua pelle. Era incantevole, il senso del gusto era estasiato. Scesi giù piano, piano spogliandola. Baciai i suoi seni, come un neonato affamato. Erano soffici e sodi allo stesso tempo. Scesi in basso fino al suo sesso, lo baciai appassionatamente. Tutto l'amore che provavo per lei esplose in quel momento, la baciavo e piangevo. Piangevo di felicità, mentre sentivo la sua mano accarezzarmi e la sua voce gemere lentamente. Mi tirò per i capelli e le nostre bocche si riunirono. Ci baciammo. Ci rotolammo tra le lenzuola. Si mise sopra di me. Entrai dentro di lei dolcemente, ed allo stesso tempo entrai in uno di quei rari istanti di felicità che la vita ci regala. Ci amavamo. Gemevamo. Ci contorcevamo. Piangevamo. Eravamo felici. Sentivo il suo corpo vibrare, e la sua voce sospirare sempre più forte. Ad un certo punto affondò le sue mani nella mia schiena, il suo respiro si fece più intenso e le sue lacrime sempre più numerose. Nello stesso momento in preda all'amore ed all'eccitazione esplosi dentro di lei. Ci guardavamo negli occhi come se stessimo per decollare per la luna. Ci sdraiammo felici ed esausti. Abbracciati come se l'alba non fosse altro che la promessa di un nuovo giorno insieme. Mi svegliai verso le 13. Trovai un biglietto con scritto “ Ti amo. Ti aspettavo. Ma è arrivata l'alba e dobbiamo separarci per sempre. Preferisco andar via mentre dormi, cosi rimarrà solo il ricordo dell'amore e non l'amarezza dell'addio. Non ti dimenticherò. Buona vita”. La luce aveva portato via l'oscurità della notte in cui il nostro amore aveva vissuto. Come in un racconto. Un romanzo. Ma c'era il punto. Quello che avevo sempre cercato, ma che questa volta non volevo.
La incontrai 4 anni dopo, bella come sempre. Per la mano aveva un bambino. Era mio figlio. Era il nostro amore. Non feci niente se non osservarla da lontano, era il nostro per sempre. Ma quello non era ancora il momento di riprendermi quel pezzetto di felicità. Forse un giorno, quando avrei rimesso a posto la mia vita. Ma non ora.
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