Era il tramonto sul porto di Barcellona, finalmente l'indagine era giunta al termine. Ma per Pierre André non era ancora concluso il caso. Rimanevano le tensioni morali che avevano condotto il vecchio Vatti a lasciarsi quella striscia di sangue alle spalle. Restava forte la linea di demarcazione tra le delusioni e le malinconie di un uomo e i percorsi delle nostre vite. Avrebbe ucciso anche lui inquella situazione? Avrebbe aspettato tutti questi anni, come aveva fatto Vatti?
Pierre rimaneva sempre colpito della spirale di bassezza umana che si nascondeva dietro la creazione di assassini così feroci. I carnefici erano le vittime di altri carnefici morali. Tra le righe della vita le persone muovevano passi da elefanti in paradisi di cristallo. Distruggevano l'equilibrio di un uomo. Si generavano mostri tra i pupazzi. Alle volte per cattiveria, molte altre per non curanza. Nelle nostre singole azioni non teniamo mai conto dell'altro, ma di noi stessi. In fondo tutti i rapporti umani sono dominati dall'opportunismo, dall'amicizia all'amore. Ecco allora che la sua visione si fece chiara. Vatti aveva sparato, aveva ucciso. Ma la pistola, sono stati tutti quegli amori e quegli amici che lo hanno deluso, tradito, ingannato a mettergliela in mano. Oramai, era giunta la sera, la parte migliore in cui smetteva di essere un ispettore dell'Interpol, e diventava un uomo. Un uomo prigioniero delle sue malinconie e del Calvados. (7 Garofani rossi)
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