sabato 8 dicembre 2012

La neve e Peter Pan


Cadeva la neve quella notte. Le strade di Pistoia erano deserte, come sempre. Come ogni Lunedì sera, da sempre. Non era certo famosa per la vita notturna. Pierre camminava rannicchiando il viso tra il cappello e la sciarpa, non per la neve. Ma per proteggersi dal freddo, dal gelo che avvolgeva tutto il suo corpo e la sua anima. Aveva appena interrogato Andrea Caroti, noto psichiatra e massone. Una personalità influente in città. Cosa sapeva dell'omicidio di Valerio? Perchè tutti martedi sera si recava da lui?

"Il signor Cerini veniva da me per chiedermi aiuto".
"Aiuto per cosa? Valerio era una persona normale, non ha mai avuto problemi con la testa!"
"Conosce la sindrome di Peter Pan, signor Andrè?"
"E' l'accusa che mi muovono sempre le donne"
"Molti ci scherzano, ma non è una patologia da sottovalutare.  Questo trauma ha origine nella più tenera infanzia, quando ogni individuo costruisce il proprio equilibrio emotivo. 
Di solito è l'amore dei genitori che permette lo sviluppo di questa armonia. Una carenza affettiva può quindi essere all'origine della sindrome di Peter Pan.
Le persone che, durante l’infanzia, sono state amate poco, crescendo sviluppano un malessere. Una volta nel mondo dei grandi, si sentono indifese ed angosciate di fronte agli sconosciuti.”
“Ma Valerio non era cosi!” sbottò Pierre.
“Vede signor André deve capire che questa sindrome non si manifesta in acuti identificabili a occhi nudo. Spesso chi soffre di questa sindrome non lo sa, oppure riesce ugualmente a costruirsi una famiglia, o a vivere normalmente. Ha presente la canzone Aspettando Godot?”
“Si”
“Ecco descrive bene quello che le ho appena detto, se cerca l’assassino del suo amico, non parta da me. Ma parta da qui”.

Pierre se ne andò pieno di dubbi e domande, ma non sapeva se riguardavano l’omicidio o se stesso. Leggeva dal foglio del Dottor Caroti
“Si tratta spesso dei figli maggiori di famiglie in cui il padre è assente, poco presente o irresponsabile.
In questi casi, se la madre è troppo occupata o depressa, non avrà né il tempo né la forza per dare, ai suoi bambini, tutto l'amore di cui essi hanno bisogno per crescere normalmente. […]Una volta diventato adulto, l'individuo che ha vissuto questo trauma durante l’infanzia, avrà difficoltà a gestire i propri sentimenti. Un uomo, ad esempio, cercherà nella propria compagna l'amore materno. Paradossalmente però, questo nuovo sentimento, che questo uomo non ha mai conosciuto prima, può spaventarlo e angosciarlo.
Si tratta, dunque, di una paura cronica che le persone vivono quotidianamente, essendo estranee alle emozioni degli adulti. […] Sessualità: l'unico momento in cui queste persone si sentono sicure e amate, è quello del sesso. È un momento riassicurante, in cui l'uomo-bambino (o la donna-bambina) si lascia andare. Ma c’è un rischio: una vita sessuale sproporzionata o, addirittura, incontrollabile. Alcune persone possono anche diventare infedeli, non perchè sono insoddisfatte della loro relazione, ma con l’unico scopo di sentirsi amate e stimate.”

Quello che leggeva sulla diagnosi di Valerio, lo leggeva in un ideale di se stesso. Ripensò a suo padre, che lo aveva abbandonato da piccolo, ed a sua madre che non lo aveva abbandonato. Ma troppo persa nel dolore di un amore naufragato per poter essergli anche padre. Ripensò a tutti gli amori che aveva visto passare, troppi. O troppi persi.


mercoledì 3 ottobre 2012

Il ritorno a casa

Pierre pensò che gli sarebbe mancato quel mare. Non il mare. Quel mare, il suo. Il mediterraneo appartenenza ed identità di chi è senza terra, senza radici definite. Simbolo di marinai in balia delle loro vite. Non la coglionaggine del turista, dell'immensa sfilata che si svolge ogni estate lungo le spiagge. Non la mercificazione di un modo di essere. Gli sarebbe mancato il mare. Soprattutto quell
o dell'inverno e della notte. Quello della pioggia. Quello con cui parlare, sfogarsi. Unico appiglio in un epoca di incertezze. Il Mediterraneo fonte di vita e di morte. Di rinascita. Pierre decise di immergersi per un ultimo bagno, prima di tornare in Italia. Un bagno simbolico, un abbraccio di commiato. Qualcosa che sarebbe appartenuto per sempre a quella parte di se, a quelle onde eterne, che dallo stretto di Gibilterra fino a Barcellona, passando per Marsiglia, Genova e Livorno, avrebbero significato casa.


L'aereo era entrato in territorio italiano, Pisa era vicina. Stavo tornando verso casa. Erano passati circa 3 anni da quando era stato a Pistoia. Anche allora era autunno. La sua stagione preferita. I colori, gli odori, il sole e le piogge d'autunno gli regalavano quelle sfumature malinconiche in cui rivivono i ricordi.  

"Pierre, Pierre" si sentì chiamare all'uscita dell'areoporto, era Lucia. Bella, con i suoi lunghi capelli neri ed i suoi tratti tipici del sud Italia. Gracile e forte insieme. Adolescenziale nei suoi seni piccoli e proporzionati. "Ho ricevuto il tuo messaggio, volevo essere la prima a rivederti". Pierre la guardò intensamente. Avrebbe voluto baciarla. Nonostante tutti questi anni, e le avventure nel mezzo, c'era ancora quell'attrazione reciproca come 10 anni prima, quando si conobbero. Si erano amati, si erano traditi, si erano feriti. Avevano scopato e avevano fatto l'amore. Ma erano ancora uniti. "Sono tornato per scoprire la verità sulla morte di Valerio".
"Lo sapevo, ti ha ingaggiato la famiglia?" rispose lei.
"No, mi ha ingaggiato la mia coscienza. 3 anni fa me ne andai dopo aver scoperto la vostra relazione. Non gli avevo più rivolto parola. Non glielo avevo perdonato. Non me l'ero perdonato"  
"Andiamo, ti hanno preparato un pranzo speciale!"

sabato 29 settembre 2012

Frammenti


Camminare per le Ramblas, scendere poi per Carrer Ferran arrivando alla fermata di St.Jaume. Risalire da Via Laietana fino al Porto riempirsi i polmoni della brezza marina. Tornare poi fino al Raval passando dal Borne e dal Barrio Gotico. Cosi per Pierre passeggiava spendendo le sue domeniche, abbandonandosi alla città. Concedendosi il lusso dell'ultima utopia rimasta. L'appartenenza ad un luogo.
Aveva perso il suo scritto. Un foglio bianco con su scritto il racconto della sua felicità. Preso dal mare. Così Pierre, la domenica, si ritrovò a camminare su quella terrazza, guardando il mare mosso in lontananza, mentre cercava di capire. Capire come gli eventi si susseguano in uno scontro di casualità che possono sconvolgere le nostre vite. Momenti in cui ci si perde. Si rimane prigionieri. Non se ne esce più se non siamo capaci di rinchiudere nei ricordi gioie, malinconie e nostalgie. Il pensiero di quando si era per essere. Si era ciò che sognavamo essere. Onde imprudenti in un mare mosso. Come quello che fissava. Doveva tornare, sarebbe tornato. Ma stavolta avrebbe dovuto mettere le cose a posto. L'omicidio di Valerio aveva riportato indietro la mente, ai giorni degli scioperi, delle manifestazioni e delle botte della polizia. Quando credere in un mondo diverso era una speranza. L'alba delle nostre vite. Notti di discussioni e preparativi. Striscioni e scritti. Ma ora, molti anni dopo, non aveva più senso tutto questo. Rimaneva solo l'eco di tutto il marcio di questa epoca. I giornali parlavano di una rapina. Pierre sapeva che non era cosi. "Tutto torna, prima o poi" cosi gli aveva scritto Valerio una settimana prima. Che cosa era successo? Cosa sarebbe tornato?


Il Menu di Pierre Andrè


Pierre si svegliò molto presto, erano circa le 6. Avrebbe passato tutta la mattina ad acquistare gli ingredienti giusti per preparare la cena. Ognuno nel posto giusto. Il vecchio macellaio, il pescinvendolo, l'ortolano. Il concetto di supermercato in una cena così lo aveva bandito. Alel 8 già gironzolava per il mercato rionale. Assaggiava, domandava. Sembrava respira l'eternità del mondo tra quegli odori di basilico, verdure e frutta. La sala quella mattina sembrava mettere in mostra i propri odori migliori per attirare la sua attenzione. E così andando fino a Montale per comprare la carne a Km 0, a Viareggio ed a Lucca per pesce e pasta ed, infine, alla cantina del vecchio Quinto per il vino, Pierre, compii quel viaggio necessario a costruire una cena in cui il gusto sia l'attore principale.
Al pomeriggio, verso le 15, spalancò le finestre del suo attico che guardavano l'Appennino e sorvegliavano il centro cittadino  in basso. Mise "Per amor del Cielo" di Bobo Rondelli nello stereo. Dispose materia prima e pentole sul tavole e dette avvio alla sua opera d'arte. Un regalo profondo, curato e pieno della sua anima da donare ai suoi commensali. 

Antipasto:

- Parmigiano e Pecorino staginato bagnati da un miele al mirtillo;
- Crostini della bandiera catlana: con salasa di curry e pomodorini;
- Assaggio di salumi: Mortadella di Prato, Prosciutto dolce di Parma, Bresaola della Valtellina, Jamon Serrano e salame de Vic.

Vino abbinato: Domaine Sainte-Lucie - Cuvée Premium Rosé 2011 (vino della Provenza), Marzemino trentino

Primo:

- Paella di mare con riso del delta dell'Ebro; 
- Ragù emiliano con tordelli lavorati a mano.

Vino abbinato: Can Feixes - Selecció - Blanco 2011, Chianti Classico Riserva DOCG - Le Baròncole - Fattoria San Giusto a Rentennano - Annata 2006

Secondo:

- Coniglio alla diavola;
- Filetto di maiale in crosta con pane e pancetta;
- Sorbetto;
- Pulpo alla Gallega;
- Catalana di pesce.

Vino abbinato: Morellino di Scansano - Fattoria Le pupille - 2006; Vermentino di Gallura DOC -Genesi - 2010.

Dolce:

- Torta di Santiago;
- Torta di Pere e cioccolato.

Vino abbinato: Vino Passito bianco Tre Filer "Ca' Dei Frati" 

mercoledì 25 luglio 2012

Il sole dei trenta

Mi alzai che era quasi l'alba. Era il mio compleanno. Decisi di regalarmi il sorgere del sole sul mare. Scesi giù le scale e mi incamminai verso la spiaggia. Decisi di incamminarmi per il Poble sec e le sue strade in salita. Strette, scure e popolari. Man mano che aumentava la pendenza il paesaggio intorno a me diventava sempre più panoramico. Fino alla terrazza Mira Mar da dove si può osservare tutta Barcellona.  La città ed il mare come promessi sposi che si toccano di sfuggita. Poi giù per il giardino pieno di fontane. A quest'ora è popolato solo dai gatti che danno la caccia ai piccioni. Scesi gli scalini immersi nel verde,mentre Barcellona rimaneva un quadro sullo sfondo. Giunsi fino al porto. Da qui, accompagnato dalle vele delle barche ormeggiate, arrivai fino alla barceloneta. In fondo ad essa c'è una struttura in cemento che porta in mezzo al mare. Mi sedetti sul suo bordo, come ci si siede davanti all'infinito. Mi misi a contemplare quello spettacolo infinito. Erano passati trent'anni da quando ero stato messo al mondo. Non so quanto preparato a vivere, ma c'ero. Erano stati anni di passioni, di sconfitte, di sofferenze e di gioie improvvise. Ripensai alle trasferte al seguito della Pistoiese, come i lunghi viaggi ovunque fosse una manifestazione. Oramai il mio atteggiamento era molto più cinico, distaccato se volete. Non credevo più a niente, se non a quello che vedevo. Ma tutto quello rimaneva una parte di me. Di quel periodo in cui si crede in una speranza, con una fede quasi religiosa. Ma erano stati anche trent'anni all'insegna delle donne, del vino e della cucina. Le donne di casa mia: mia nonna, mia zia, mia sorella e mia mamma. E quello che ho amato e conosciuto lungo tutto questo cammino. Ognuna accompagnata da un vino ed un piatto con il quale le ricordo. Cucinavo spesso, è sempre stata per me un forma espressiva. Tutti questi ricordi mi invadevano la mente, la popolavano. Apparivano e sparivano. Ci sono state tante cose che avrei fatto diversamente, pensai tra me e me, ma alla fine negli errori e nei successi non cambierei una virgola di tutto ciò che è stato sin oggi. Ero diventato più disincantato. Disilluso.Mi rimaneva solo il mare come segno di identità. Mi pareva l'unica cosa in cui credere. Eterna ed immensa. Oramai era l'alba. Buono per un altra giornata, un'altra cena, Avrei preparato il Pulpo alla gallega e la torta si Santiago.  Sorgeva il sole dei trenta.

lunedì 16 luglio 2012

Attesa

Ed iniziò l'attesa
quel momento eterno
che precede l'arrivo

Un arrivo di speranza
di nuove frontiere
di nuove emozioni

Chi sei?
Chi sarai?
Cosa diremo?

Il futuro è un quaderno
su cui scriveremo insieme
passaggi fondamentali

E sul quale scriverai
la vita che tu vorrai vivere
giorno dopo giorno

domenica 8 luglio 2012

Il porto

Erano le 5 e 45 lungo il porto di Barcellona potevi trovare di tutto. Puttane. Spacciatori. Ed allo stesso tempo anziani mattinieri e giovani nottambuli. Io ero un estraneo. Un ombra intrusa nei riflessi della notte. Mentre camminavo guardavo il mare. Chi ha nelle vene il sangue del sud, come me, ha nelle vene anche il Mediterraneo. Simbolo di appartenenza. Identità. Noi quel mare ce lo portiamo dentro, le onde agitano le nostre anime. Le rendono inquiete. Abbiamo dentro di noi la stesse malinconie di tutti i marinai ed esploratori che hanno trovato in questo mare la loro vita. Dovunque tu sia, lui è li. Unica vera grande casa delle nostre anime malinconiche. "Pierre, Pierre". Eccola, era Amira . La vedevo arrivare da lontano in tutta la sua bellezza. I suoi occhi e capelli neri e la sua pelle ombreggiata la rendevano unica. Bella. Era nata a Tangeri. Figlia anche lei di quel Mediterraneo che si apre al mondo.

venerdì 8 giugno 2012

Barceloneta

Pierre si svegliò che era l'alba. Anne era nel letto vicino a lui. Dormiva rannicchiata come una bambina. Bella ed indifesa. Rimase a guardarla per un ora. Cercava di immaginare il loro futuro. I figli. Le vacanze. I pranzi di famiglia a Natale. E poi la vecchiaia, diventare nonni ed amarsi fino alla fine. Pierre lo sapeva che sarebbe fuggito prima e questo fece scendere una lacrima sul suo viso. Si alzò dal letto e senza far rumore andò sul terrazzo a godersi il sole sorgere sul mare. Barcellona al mattino presto è una città timida e fatta di piccole abitudini maniacali. I vecchi sulla spiaggia con i loro metal detector in cerca di qualcosa di utile. I netturbini che tolgono i residui della baldoria serale dalla spiaggia. Bottiglie, preservative e sigarette. I più virtuosi si perdono in avventurose corse sulla sabbia. Il grigio del cielo lasciava spazio al sole che sorgeva sul mare. Gigante. Imperioso. La brezza fresca impietosamente lo affrontava mettendo sottosopra la sua anima. Le sue narici erano riempiti dai profumi che nascono nella profondità del mare. Era felice, Pierre. Triste e felice insieme.

sabato 26 maggio 2012

Sogni in attesa.

Non sapevo da dove cominciare. Era così poco il tempo che avevamo passato insieme che, forse, era nuovamente una costruzione del mio cuore malato. Ma decisi di prender coraggio, una sera. Quella sera. "Prima di andar via ti devo parlare" le dissi all'orecchio prima che la cena finisse, e senza che tutti gli altri commensali sentissero. Finita la cena tornammo tutti nel parcheggio dove avevamo le macchine, andarono via tutti ma noi rimanemmo li. Ognuno nella propria macchina come a fingere un imminente partenza. Rimasti soli lei scese. Io guardavo dallo specchietto retrovisore, ma non avevo il coraggio di scendere. "Caro Pierre questa volta stai esagerando! Rischi di metterti di traverso alla sua vita, turbandole la tranquillità! Maledetto! Solo per il tuo desiderio di conquista o perché la ami?" fra me e me risposi "Perché la amo!". Ma quante volte lo avevo detto?. Quante albe avevo visto pensando all'amore vedendolo, però, sparire al tramonto?. Questa volta no. Questa volta era tutto vero. Scesi di macchina e mi avvicinai a lei pensando alle parole. Perché le parole sono importanti, spesso una parola posata male crea i vuoti d'aria in cui verità e finzione si mescolano. La guardai. Vidi il suo volto bellissimo. Come una luce, meravigliosa. Ogni volta che la vedevo per me si fermava il tempo, penso sia una specie di sindrome di Stendhal. Lo stesso effetto me lo provocano la canzone di Bobo Rondelli Madame Sitrì ed il quadro del Viaggiatore sopra il mare di nebbia di Caspar David Friedrich. Appena fummo vicini lei mi sorrise. Io quasi persi i sensi, immerso nell'osservare i suoi occhi profondi, neri come gli abissi in cui mi sarei perso amandola. A questi si aggiungevano i suoi capelli, la sua treccia che disegnava le curve del collo, evidenziando il colore delle sue guance. Erano tenere, ed invitavano la mia bocca a sfiorarle con un bacio. Era stupenda. Nei suoi occhi si leggeva la tristezza di tante avventure passate, ma anche la felicità che solo una madre può avere. Era terribilmente bella. Ero terribilmente perso. Avrei avuto bisogno di un bicchiere di Calvados. Mi feci coraggio ed iniziai “Vedi Elena, in vita mia sono stato molte volte innamorato, ma raramente ho amato. E' successo solo due volte. Ma in questi anni pensavo di essere diventato gelido. Freddo verso i miei sentimenti. Mi sono innamorato molte volte, ma mai con il cuore, sempre con il desiderio.” Lei mi sorrise, ed io sentivo una fitta forte dentro, sentivo il libeccio che scuoteva la mia anima, rimescolando le emozioni. “Dal primo momento che ti ho vista, non ho smesso un attimo di desiderarti. Quando ti ho conosciuta, ho capito di aver aspettato tanto, ma eccoti. Tu hai una tua vita, un marito, un figlio. Forse non è giusto, ma se non altro è la verità. Ti amo perché ti aspettavo.”. Lei si avvicinò mi afferrò la mano e con le lacrime che si affacciavano dai suoi occhi verdi mi guardava in silenzio. “Vedi Pierre -disse- provo la solita cosa, sapevo che saresti arrivato un giorno. Saresti comparso e mi avresti ricordato come la cosa più bella della mia vita, mio figlio, è anche il muro che il destino ha eretto tra di noi. Viviamo nelle isole che la vita ci disegna intorno. Ma stasera no. Stasera siamo sulla stessa isola. Vieni con me”. Salimmo in auto. Mi portò al mare, ad una casa a Marina di Vecchiano. C'era l'edera che si arrampicava sui muri, come ad indicare il cielo stellato. “Passeggiamo un po' sulla spiaggia?” Mi chiese sorridendo. Ci mettemmo a camminare in silenzio. Ad un certo punto ci fermammo a guardare l'oscurità del mare interrotta dalle barche in lontananza. Decisi di rompere il silenzio con dei versi di Kahlil Gibran Per sempre me ne andrò per questi lidi, Tra la sabbia e la schiuma del mare. L’alta marea cancellerà le mie impronte, E il vento disperderà  la schiuma. Ma il mare e la spiaggia dureranno In eterno. Quando finii di recitare questi versi lei si mise a piangere mi abbracciò e guardandomi negli occhi mi disse “Freghiamo il destino stanotte”. Tornammo a casa fermandoci ogni due passi a baciarci come due fidanzatini adolescenti. Appena la porta si chiuse dietro di noi incominciò la nostra notte d'amore. Andammo in camera incominciai a baciare il suo collo sentendo il sapore soave della sua pelle. Era incantevole, il senso del gusto era estasiato. Scesi giù piano, piano spogliandola. Baciai i suoi seni, come un neonato affamato. Erano soffici e sodi allo stesso tempo. Scesi in basso fino al suo sesso, lo baciai appassionatamente. Tutto l'amore che provavo per lei esplose in quel momento, la baciavo e piangevo. Piangevo di felicità, mentre sentivo la sua mano accarezzarmi e la sua voce gemere lentamente. Mi tirò per i capelli e le nostre bocche si riunirono. Ci baciammo. Ci rotolammo tra le lenzuola. Si mise sopra di me. Entrai dentro di lei dolcemente, ed allo stesso tempo entrai in uno di quei rari istanti di felicità che la vita ci regala. Ci amavamo. Gemevamo. Ci contorcevamo. Piangevamo. Eravamo felici. Sentivo il suo corpo vibrare, e la sua voce sospirare sempre più forte. Ad un certo punto affondò le sue mani nella mia schiena, il suo respiro si fece più intenso e le sue lacrime sempre più numerose. Nello stesso momento in preda all'amore ed all'eccitazione esplosi dentro di lei. Ci guardavamo negli occhi come se stessimo per decollare per la luna. Ci sdraiammo felici ed esausti. Abbracciati come se l'alba non fosse altro che la promessa di un nuovo giorno insieme. Mi svegliai verso le 13. Trovai un biglietto con scritto “ Ti amo. Ti aspettavo. Ma è arrivata l'alba e dobbiamo separarci per sempre. Preferisco andar via mentre dormi, cosi rimarrà solo il ricordo dell'amore e non l'amarezza dell'addio. Non ti dimenticherò. Buona vita”. La luce aveva portato via l'oscurità della notte in cui il nostro amore aveva vissuto. Come in un racconto. Un romanzo. Ma c'era il punto. Quello che avevo sempre cercato, ma che questa volta non volevo. La incontrai 4 anni dopo, bella come sempre. Per la mano aveva un bambino. Era mio figlio. Era il nostro amore. Non feci niente se non osservarla da lontano, era il nostro per sempre. Ma quello non era ancora il momento di riprendermi quel pezzetto di felicità. Forse un giorno, quando avrei rimesso a posto la mia vita. Ma non ora.

lunedì 9 aprile 2012

Aspettando godot

Me ne stavo disteso sul letto. Solo. Silenzioso. Svuotato di qualsiasi voglia di muovermi. Oramai succedeva da un po’, circa due mesi, che prima di dormire vedevo sul soffitto della mia camera scorrere i visi delle donne che avevo amato. Una dopo l’altra mi fissavano, mi sorridevano. Qualcuna l’avevo amata solo per un’ora, un‘altra per settimane, un’altra ancora per mesi e anni. Ognuna aveva qualcosa d’inconfondibile e meraviglioso. La donna dei miei sogni era la bellezza di ognuna di loro. Siamo belli solo in ciò che gli altri vedono di bello in noi. E in ciascuna vedevo qualcosa di bello e incantevole. Ma ora erano là. Distanti. Sole, oppure in un letto caldo con un uomo. Una piangeva di felicità, un'altra aveva le palpitazioni che si nascondono solo in un primo bacio. O almeno io le immaginavo così. Ed io?. Io ero lì che soccombevo nel buio, sotto i loro sguardi. Perso nel loro ricordo. Ero stato incapace di trattenerle. Avevo diviso con loro la passione, l’amore adolescente del batticuore, le risa e i giochi da innamorati. Ma non sono mai andato oltre, il resto lo tenevo per me. Lo custodivo gelosamente, aspettando Godot. Mi alzai e mi misi a fumare una sigaretta alla finestra, mentre Bobo Rondelli cantava nel mio stereo: “sogna l’anima in pena di inabissarsi in fondo agli occhi della sirena”. La vita, la mia vita era arrivata a una svolta. Non più freni. Non più limiti. Solo l’ultimo giro di possibilità, come in una roulette russa. Avrei dovuto scegliere bene, non più trasportato dalle emozioni. Mi versai un Rhum, un anniversario invecchiato 6 anni. Da piccino mio nonno mi raccontava che, per darsi coraggio, i pirati mescolavano il rhum con la polvere da sparo prima di assalire una barca. Non avevo la polvere da sparo, ma compensavo con le mie Camel. Dalla finestra si vedevano le luci in lontananza. Mi sono sempre chiesto cosa facesse la gente in quel preciso istante, illuminata da quelle luci sulla montagna. Forse un po’ malinconica come immagine, ma senz’altro mia. Cosa avrei fatto della mia vita ora?. Non lo sapevo, non volevo saperlo. In realtà non era vero che non sapevo cosa fare. Lo sapevo benissimo. Ma fare un passo avanti significava superare certi limiti. Non ero mai stato capace in tutta la mia vita di impegnarmi in qualcosa di duraturo. Si avevo studiato, ma sapevo benissimo che ci sarebbe stato un punto. Avrei dovuto firmare un contratto a tempo indeterminato, richiamare Ana e dirle che la amavo, magari chiedergli di sposarci. Ma ero spaventato da tutto questo, spaventato dalle virgole. Preferisco i punti, sono più decisi. Tagliano. Non lasciano spazio al futuro. Solo il mare di Barcellona era per sempre, infinito. Era il mio per sempre. Ma ora. Qui. In questa provincia arida. Ero spaventato dalle virgole che avrei dovuto mettere. Il coraggio, ecco. Mi mancava il coraggio di mettere virgole e non più punti. Indeterminato, finché morti non ci separi. Decisi allora di riabbracciare il mare. Ma oramai era troppo tardi. Si sa l’alba spazza via anche il più meraviglioso dei sogni con il primo raggio di sole.

lunedì 23 gennaio 2012

Onde fredde

Dall'abisso infinito dove la mia anima stanca scivola vorticosamente, vedo giungere le onde fredde della solitudine; l'ultimo sorriso è un ricordo svanito nella lontana palude del non ritorno; il sangue inerme trascinato dalle onde fredde bagna le sponde dei lontani confini della serenità; un armonia mortale risuona nelle orecchie di un anima alla deriva delle onde fredde della fine; al passaggio della cometa della disperazione, si rivolge lo sguardo alle stelle della speranza; abbandonare il superfluo essere di una finta gioia collettiva, nuotando nel mare della solitaria inquietudine trascinato dalle onde fredde; il grido di disperazione trova il muro della vergogna e si disperde nelle onde fredde di una fine imminente.